Il 27
gennaio 2015, giornata mondiale della Memoria della Shoah, si è celebrato il
70° anniversario della liberazione del campo di concentramento di
Auschwitz-Birkenau.
Nel
cuore di Roma e a due passi dal quartiere ebraico, il Complesso del Vittoriano
ospita la mostra La fine dell’orrore. La
liberazione dai campi nazisti, una delle numerose iniziative messe in atto
dalla Capitale per celebrarne il ricordo.
All'ingresso catturano la
mia attenzione pareti nere e una palizzata lignea munita di filo spinato: la
freddezza, il distacco, l’orrore sono già perfettamente percepibili per mezzo
di questi pochi elementi.
Il percorso inizia con una
carta geografica che localizza i campi di concentramento…sono innumerevoli! E
prosegue con vetrine dedicate allo svolgimento della vita e del lavoro dei
prigionieri in quei luoghi.
Nel corridoio centrale ai
pannelli descrittivi si affiancano anche dei filmati. Questa sezione è dedicata
alle fasi militari che portarono alla Liberazione, ma anche ai prigionieri
morti e a quelli che ce l’hanno fatta. Perché in fondo la Storia non è tanto
quella che si studia sui libri - fatta di date, luoghi e di nomi di
generali-, ma è quella vissuta dalle
persone comuni.
La Storia
dei sopravvissuti è descritta in pannelli dallo sfondo rosso: insieme alla
narrazione della deportazione e della liberazione, non si omettono mai data di
nascita e gerarchie parentali, a sottolineare la Vita, gli affetti e i legami
di queste persone. Alcuni di loro hanno deciso di testimoniare la loro storia
attraverso convegni, pubblicazione di libri o accompagnando gruppi nei campi.
Racconterò di alcuni di
loro.
Mario
Limentani, classe 1923, è
fermato a Roma il 27 dicembre 1943, messo su un vagone piombato alla Stazione
Tiburtina il 4 gennaio 1944 e deportato a Dachau. Trasferito a Mauthausen vi
rimane fino all’arrivo degli Alleati, il 5 maggio 1945: pesa 27 kg e resta in uno
stato di semi-incoscienza per alcuni giorni; si riprende dopo quasi un mese e
mezzo di cure.
Rientra a Roma e nel 1949
sposa Liana Del Monte, con cui ha quattro figli. Già negli anni Sessanta torna
a Mauthausen e negli anni Novanta il suo impegno di testimone diventa più
assiduo, accompagnando gruppi e scuole nei lager e parlando con gli studenti.
Muore a Roma il 28 settembre 2014.
Isacco
Sermoneta nasce a Roma nel 1912. Nel
1938 sposa Pacifica Efrati ed ha tre figlie Costanza, Emma e Franca. Il 16 ottobre del 1943 i tedeschi catturano nel suo appartamento (in Via del Tempio
4) la moglie e le bambine. Saputo dell’arresto, Isacco si consegna. Deportati ad
Auschwitz, la moglie e le bambine sono immediatamente uccise nelle camere a
gas, mentre Isacco è poi trasferito in numerosi sottocampi e tenta più volte la
fuga. Catturato dalle SS e condotto a Mühldorf, vi rimane fino all’arrivo dei
carri armati americani: è il 1 maggio 1945.
Tornato a Roma, riabbraccia
i genitori miracolosamente scampati alla razzia. Negli ultimi vent’anni della
sua vita apre un negozio di ricordi nel cuore del quartiere ebraico di Roma ed
è attivo nel coordinamento delle funzioni religiose, svolgendo il compito di parnas del Tempio Spagnolo. Non formerà
più nessun’altra famiglia. Muore nell’ottobre del 1981 a Roma.
La storia di Liliana Segre è quella di una dei
pochi bambini sopravvissuti ai campi di sterminio. Nasce nel 1930 a Milano da
una famiglia ebraica borghese. Orfana di madre all’età di un anno, vive con il
padre, Alberto Segre, a casa dei nonni. Il 30 gennaio 1944 è deportata ad
Auschwitz-Birkenau e liberata nel campo di Malkow il 1 maggio 1945
dall’esercito sovietico. Torna in Italia nel 1945 e, rimasta orfana, va a
vivere dai genitori materni. Nel 1951 si sposa con Alfredo Belli Paci, con cui
ha tre figli e numerosi nipoti. Oggi vive a Milano, dove da anni testimonia con
efficacia la sua storia, raccolta anche nel volume Sopravvissuta ad Auschwitz. Riceve due lauree honoris causa in Giurisprudenza e Scienze Pedagogiche.
Shlomo
Venezia, ebreo sefardita
di nazionalità italiana, nasce a Salonicco, in Grecia nel 1923. Il 1 aprile
1944 è deportato ad Auschwitz-Birkenau, dove lavora nel Sonderkommando, il corpo
speciale di prigionieri addetti alle camere a gas. E’ poi tra i prigionieri
costretti a fare la “marcia della morte”: dopo aver percorso 60 km a piedi,
nella neve, è caricato su vagoni scoperti e trasportato fino a Mauthausen, in
Austria. Da qui è trasferito prima nel sottocampo di Melk, poi a Ebensee, dove
rimane fino alla liberazione, il 6 maggio 1945.
Della sua famiglia
sopravvivono alla Shoah anche i due fratelli. Con loro e il cugino Dario
Gabbai, è uno dei pochissimi sopravvissuti del Sonderkommando di Birkenau. Solo
nel 1972 comincia a raccontare la sua storia eccezionale e il suo libro Sonderkommando Auschwitz diventa un
successo internazionale: è, infatti, tradotto in ventitré lingue diverse
compreso l’arabo e il farsi. Muore a Roma nel 2012.
Giuseppe di Porto è il secondo di otto fratelli. È
deportato ad Auschwitz il 6 dicembre 1943. Il 18 gennaio 1945 il campo è
evacuato dai tedeschi e inizia la "marcia della morte". Liberato nel 1945, oggi
vive a Roma e per anni si è impegnato a testimoniare la tragedia subita, mentre
la moglie, Marisa, non è mai riuscita a parlarne con nessuno.
Primo Levi nasce nel 1919 a Torino. I genitori,
Cesare ed Ester Luzzatti, discendono da un’antica famiglia della borghesia
piemontese, originaria della Spagna e della Provenza, ebraica ma non
praticante. Primo ha una sorella, Anna Maria, che nasce nel 1921. Nel 1941 si
laurea a pieni voti in Chimica presso l’Università di Torino. Dopo l’8
settembre 1943 e l’occupazione nazista, prende contatti con il Partito d’Azione
e si sposta in Valle d’Aosta, dove entra a far parte di una banda partigiana.
Nel dicembre 1943 è arrestato dalle milizie fasciste, si dichiara ebreo ed è internato
nel campo di transito di Fossoli. Nel febbraio 1944 è deportato con i suoi
compagni ad Auschwitz-Birkenau, dove lavora come chimico della fabbrica. A metà
gennaio 1945 si ammala di scarlattina e per questo non è inserito nella “marcia
della morte”, venendo così liberato il 27 gennaio dall’Armata Rossa. Dopo la
guerra si sposa ed ha due figli, ricomincia a lavorare come chimico, ma si
dedica principalmente all’attività di scrittore, donando al pubblico quelli che
diverranno classici della letteratura italiana del XX secolo: Se questo è un uomo (1947), La tregua (1963), I sommersi e i salvati (1986). Muore suicida l’11 aprile 1987.
Sion
Burbea, Franco Schönheit, Sami Modiano, Ida e Stella Marcheria, Nathan Cassuto
e Anna di Gioacchino, Luciana Nissim, Enrico Blasi, Nedo Fiano, Rosa Hanan,
Amalia e Lina Navarro sono altri sopravvissuti, che hanno testimoniato
quell’immane tragedia.
L’ultima
sezione della mostra è intitolata I
Giovani ricordano la Shoah, perché se è stata tanto fondamentale e
preziosa la testimonianza della generazione che ha subito quegli orrori, ancor
più fondamentale e doveroso deve essere
il ricordo da parte delle generazioni future.
La
mostra resterà aperta fino al 15 Marzo. L’ingresso
è gratuito.
Tutte le info al sito ufficiale
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