Occhi
che ti scrutano sfumati da tende nere, occhi che parlano della sofferenza del
corpo e dell’anima, che sembrano leggerti nel profondo, nascosti dietro sorrisi
dolce amari. Così si presenta all'avventore la mostra fotografica ospitata
negli spazi del Teatro1 di Cinecittà: Steve
McCurry, oltre lo sguardo.
Una
successione di 150 immagini che raccontano ciò che è nascosto oltre lo sguardo, tra dolore e paura,
spingendosi al di là dello spazio e della luce, in un viaggio che apre le porte
ad un universo carico di esperienze ed emozioni. Il silenzio ti avvolge e
lascia spazio alle sensazioni che nascono dall'osservazione degli scatti,
dall'emozione fissa per sempre in un attimo che scalfisce l’anima.
Operai su una
locomotiva a vapore, India, 1983
|
Immagini
rubate, cercate, fortemente desiderate, frutto del caso o della paziente
osservazione, della ricerca della luce perfetta, del dettaglio capace di aprire
un vaso di Pandora di emozioni. Umanità lontane, gioco di contrasti opposti resi
tangibili in uno scatto, come nelle donne con il burqa, dove la severità dell’abbigliamento
si scontra con la modernità del banco del mercato in cui fanno acquisti; oppure
nelle ragazze del ristorante etiope, in cui realtà contrapposte si incontrano
in un fotogramma.
Sharbat Gula, ragazza
afgana al campo profughi di Nasir Bagh vicino a Peshawar, Pakistan, 1984 |
Uno
degli scatti probabilmente più conosciuti, nato dal vociare udito dal fotografo
proveniente da una tenda, è il ritratto di Sharbat Gula, la ragazza afgana,
pubblicato per la prima volta su National Geographic nel 1984; occhi intensi che
parlano delle sofferenze dei giovani profughi. Infanzie spezzate, bambini
costretti alla vita degli adulti quando il loro unico desiderio sarebbe giocare
spensierati.
Solo
osservazione, costanza e meticolosità, frutti dolci della passione per un
lavoro che si ama profondamente, portano alla nascita di articolate geometrie e
simmetrie dei Pescatori dello Sri Lanka, in cui l’uomo per far fronte al
proprio approvvigionamento alza pali resistenti allo tsunami in una spontanea
coreografia.
Cammelli e giacimenti di petrolio, Kuwait, 1991 |
Cronache
di disastri naturali, distruzioni causate dall'uomo come le torri dell’11
settembre avvolte della polvere o l’incendio dei pozzi petroliferi durante la Guerra
del Golfo in cui dei cammelli fuggono la tragedia che li aspetta sovrastati da
una fitta coltre di fumo, illuminati solo dalla luce del fuoco.
Ma
Steve McCurry ci offre anche momenti di semplicità e misticità: in Birmania le
ultime luci del tramonto illuminano un enorme masso tenuto in bilico, secondo
la leggenda, da un unico capello di Buddha. Ancora in Birmania, la morbidezza
dei colori dovuta alla pioggia riflette la serenità di alcune monache birmane
che si apprestano, con la loro ciotola, ad andare a chiedere l’elemosina
incorniciate da uni splendido edificio coloniale che ne riprende il colore
tenue delle vesti.
Ritratto di un ragazzo della tribù Suri, Omo Valley, Ethiopia, 2013
|
Al
talentuoso fotografo l’alto merito di proporre, per mezzo di immagini surreali,
una finestra per l’umanità su storie struggenti condensate nell'attimo di una
scatto.
Per
info: http://www.mostrastevemccurry.it/
Ilenia
Maria Melis
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