giovedì 18 dicembre 2014

Il Tevere come non si è mai visto: Museo virtuale della valle del Tevere.

All’interno della suggestiva cornice del Museo Nazionale Etrusco di Villa Giulia è stato presentato un interessante progetto, realizzato dal CNR ITABC grazie ad un finanziamento Arcus, in grado di rivoluzionare la fruizione all’interno delle esposizioni museali. Si tratta di un’istallazione virtuale che permette di esplorare a 360°, tramite l’ausilio del corpo, il paesaggio culturale della media Valle del Tevere nell’area nord di Roma, in particolare nel tratto compreso tra il Monte Soratte e Fidene, Sacrofano e Palombara Sabina.
Il Museo Virtuale della valle del Tevere è un progetto interdisciplinare volto a presentare un differente approccio nella comunicazione delle nozioni storiche in grado di stimolare sensazioni emozionali tramite una narrazione evocativa capace di incuriosire il visitatore.

L’applicazione si presenta con tre monitor ed un sensore che non richiede di indossare marcatori di movimento; il visitatore dovrà posizionarsi su alcuni punti evidenziati a terra per iniziare il suo suggestivo viaggio nel passato. La visualizzazione è talvolta unica sui tre schermi, altre volte accosta il sito archeologico attuale alla sua ricostruzione antica. L'utente interagisce nel menù ed all'interno delle varie scene attraverso i movimenti del proprio corpo, migrando da un avatar all'altro.
Si susseguono quattro scenari caratterizzanti la valle del Tevere di forte valenza narrativa, alcuni letterari ed evocativi, altri archeologici e storici:
1.   Volo sul territorio: il fruitore si muove come un uccello nel paesaggio della valle del Tevere tra VIII e VII sec. a.C. ed ha la possibilità di attivare approfondimenti video di natura storico-geologica;


2.  Nuoto nella corrente del Tevere: l’utente è immerso tra i sedimenti della memoria; la corrente trasporta immagini, poesie e citazioni letterarie narrate da una moltitudine di voci;
3.   Villa dei Volusii, visitata nelle sue stanze e nei suoi mosaici durante l’organizzazione di una festa grazie al liberto Mena, che narra la sua struggente storia di schiavo affrancato;


4.     Lucus Feronie, ricostruita nelle fasi tiberiana e traianea: si incontrano personaggi e divinità dell’epoca come la dea italica Feronia che riporta l’oblio in cui è caduta in epoca romana mentre in età arcaica il suo santuario era un punto di attrazione per i popoli del centro Italia.

Il visitatore ha l’impressione di entrare in un portale magico capace di riportarlo indietro nel tempo; tutto ciò è reso possibile da una regia di contaminazione dei linguaggi (cinema, video games, archeologia, geologia…) che amplificano le facoltà cognitive e l’apprendimento.
A livello locale il modello è stata riutilizzato in altre istallazioni come il bunker Soratte (4 km di gallerie degli anni ’30) ed il sito di Lucus Feroniae.

Link a video demo:



Ilenia Maria Melis



E' possibile accedere all'istallazione negli orari di apertura del Museo di Villa Giulia.
Ingresso: intero € 8,00, ridotto € 4,00
Info al sito ufficiale

lunedì 15 dicembre 2014

Scoprire Il MAAM, il museo dell’altro e dell’altrove di Metropoliz


A Tor Sapienza si è risvegliato uno dei grandi giganti industriali che ha alimentato a lungo il quartiere e l’intera città: l’ex stabilimento Fiorucci. Abbandonato per circa vent’anni,  il salumificio dismesso è stato sottratto alla speculazione edilizia nel 2009, quando un gruppo di precari e migranti ha deciso, insieme ai BPM, blocchi precari metropolitani,  di occuparlo. La vera svolta, però, si è verificata solo due anni più tardi, nel 2011, quando gli attuali occupanti, un gruppo di 200 persone di etnie diverse (italiani, rom, sudamericani e africani), si sono stanziati all’interno dell’ ex stabilimento con il progetto artistico/cinematografico Space Metropoliz (non perdetevi  la sua storia su youtube!). 


Ideato da Giorgio de Finis e Fabrizio Boni, Space Metropoliz aveva come scopo quello di giocare il gioco dell’arte e della fantascienza, unendo gli occupanti e gli artisti che avevano deciso di prendervi parte in vista di un unico obiettivo: raggiungere la luna. Con il telescopio per viaggiatori erranti di Gian Maria Tosatti, i razzi di Diavù, la tuta per missioni extraveicolari di Daniel o in qualunque altro modo possibile. Perché la luna rappresenta l’ultimo (forse) mondo dove sia possibile cercare la libertà, dove non si conosca la proprietà privata né l’uso delle armi. Il nostro satellite, quindi, come simbolo per eccellenza dell’utopia, fondamentale - come dice il filosofo Carmelo Colangelo – per affrancarsi da ciò che è stato pensato o fatto finora e per ripensare un’umanità in cui il tema etnico non sia più quel luogo abrasivo, di conflitto e di pregiudizi ma uno spazio di costruzione assai più pragmatico e concreto di quanto siamo abituati a pensare, magari sulla base del pensiero illuminista. 
E’ in questo contesto che si colloca la nascita di un’idea, prima che di un meraviglioso spazio espositivo come il MAAM, davvero innovativa: coinvolgere i più grandi esponenti del panorama artistico internazionale nella riqualificazione di un ex salumificio, uno spazio che nessuno avrebbe mai pensato potesse essere destinato a ospitare più di 200 opere d’arte, soprattutto considerando  la sua collocazione all’interno della città. Io ho avuto la possibilità di accedere al MAAM grazie a un’iniziativa promossa dal FAI giovani Roma e consiglierei vivamente a chiunque di andarlo a visitare. Girovagando per il dedalo di corridoi del museo è possibile ammirare i murales di Alice, la torre di Babele (“Reset”) di Mauro Magni, il ritratto interamente a penna di Mauro Maugliani, l’astrattismo povero italiano di Gianni Asdrubali e la barca-strumento di Sara Bernabucci, realmente utilizzata nel corso di alcuni concerti senegalesi.

Evadere dalla realtà immergendosi nella stanza dei balocchi di Danilo Bucchi per poi asciugarsi col calore trasmesso dalle fiamme di Mauro Magni e della Collettiva Geologika risulta un gioco da ragazzi, così come entrare a contatto con un insolito Minotauro, quello di Paolo Buggiani, che, stufo di sorvegliare il labirinto umano della ludoteca, si è arreso al piacere della lettura. Basta girare l’angolo, poi, per ritrovarsi a Berlino, immersi nei graffiti che fanno da cornice alle fitte trame di un opera di protesta per le condizioni in cui versano i detenuti all’interno del carcere di Guantanamo, oppure, volgendo lo sguardo di qualche grado in più, in una palestra in cui pugili ballerini dal guanto di ferro si allenano al ritmo della disco. E se, dopo aver visto il lavatoio spirituale di Vincenzo Pennacchi, le ecografie trasformate in farfalle di Rita Mandolini, la stanza dei lunatici su cui vigilano Wonder woman e Hulk, non foste ancora sazi, recatevi nella sala “cucina” per soddisfare i vostri occhi e il vostro palato. Ad attendervi ci saranno i canestri da pallacanestro illuminati, i murales di Lucamaleonte, i setacci dipinti di Guendalina Salini e le leccornie che i metropoliziani non esiteranno a condividere con voi. Il MAAM è un luogo unico, non ve lo perdete.  

 Francesca Maria Grimaldi