sabato 24 ottobre 2015

Balthus: la retrospettiva

Le Scuderie del Quirinale aprono oggi al pubblico la mostra Balthus: la retrospettiva.
Dal 24 Ottobre 2015 al 31 Gennaio 2016, circa centocinquanta opere raccontano Balthazar Klossowsky de Rola (1908-2001), in arte Balthus, apprezzato da poeti e artisti del calibro di Rilke, Breton, Artaud, Giacometti, Picasso e molti altri.
La sua arte pittorica è nutrita dai Primitivi del Rinascimento come Piero della Francesca e dalla conoscenza dei movimenti del Novecento italiano e mitteleuropeo, dai quali l'autore decide però di distanziarsi. Nell’ambito della Scuola di Parigi, Balthus si distingue per la resa classica colta e raffinata degli spazi e dei personaggi, che nella loro immobilità trasmettono un forte senso di ambiguità e sconcerto. 
La rue, 1933
La sua prima opera importante è La rue, esposta nelle due versioni del 1929 e del 1933, dove i personaggi hanno sguardi fissi e ipnotici e sembrano muoversi come automi, fermi davanti ai loro pensieri o ai loro destini.
I temi maggiormente sviluppati sono quelli dell’infanzia, del mondo delle favole e dell’adolescenza. Per quanto riguarda il primo tema, i bambini sono rappresentati mentre leggono, scrivono o giocano al parco; in spazi chiusi e spazi aperti, in pose tanto scomode quanto naturali, come negli oli su tela Enfants au Luxembourg del 1927 o Les enfants Blanchard del 1937.
Enfants au Luxembourg, 1927
Les enfants Blanchard, 1937














Cannibal Jack, 1936
Le Roi des chats, 1935

Il mondo delle favole trae ispirazione da quello di Lewis Carroll e si declina in opere che mescolano senso dell’assurdo, mostruosità e al contempo comicità: da Cannibal Jack del 1936 al Coniglio cacciatore del 1976-1977, passando per la fascinazione dell’autore verso il mondo dei gatti, ritratti in numerose tele tra cui spiccano per importanza i due autoritratti Le Roi des chats del 1935 e Le Chat de la Mediterranée del 1949.


La Chambre, 1952-1954

L’adolescenza è rappresentata attraverso nudi femminili in spazi chiusi: una giovinetta si lava ne La Chambre del 1947-1948; un’altra suggerisce una dimensione erotica ne La semaine des quatre jeudì del 1949 o nella monumentale tela di una seconda La Chambre del 1952-1954.
La toilette de Cathy, 1933
La toilette de Cathy del 1933 è invece spunto per ricordare il lavoro di Balthus per il romanzo Cime Tempestose di Emily Brontë, edito nello stesso anno, del quale sono esposti quattordici disegni originali di inchiostro su carta.
La mostra termina al secondo piano, dove è esposto il Balthus “paesaggista” degli anni Cinquanta, quando si cimenta con la tecnica del “casearti” per la realizzazione di paesaggi della valle della Yonne in Svizzera; e sempre negli stessi anni un Balthus ai margini del surrealismo con la realizzazione della già citata Chambre del 1954.
Daniela Lancioni scrive di lui: Cultore degli antichi maestri e creatore di un’arte senza tempo, Balthus si professa estraneo all’arte moderna e alle sue avanguardie. Nonostante questa posizione eccentrica e defilata, gli orizzonti cuturali ed artistici di Balthus contribuiscono ad arricchire l’idea novecentesca di modernità.
La mostra si sviluppa in due tappe parallele: una alle Scuderie del Quirinale e un’altra all’Accademia di Francia-Villa de Medici. Nella prima si mostra una retrospettiva con le opere più significative di Bathus, nella seconda il rapporto del pittore con Roma e l’Accademia di Francia, della quale fu direttore dal 1961 al 1977.
Potete trovare tutte le informazioni a questo sito



venerdì 23 ottobre 2015

McMafia: pistole di carta e sangue nero d'inchiostro




“L'altra sera ho avuto una visione di un mondo senza di te. La mafia racimolava qualche spicciolo e la polizia tentava di bloccarla senza successo”. Un insolito dialogo tra Joker e Batman accoglie il visitatore di “McMafia”, la mostra, a cura del Fumetto Cosenza presso il Museo di Roma in Trastevere, che racconta la dura piaga di mafia, camorra e 'ndrangheta in chiave fumettistica. Tre sezioni, dal fumetto tradizionale alle tavole contemporanee, strizzando l'occhio anche alla satira.
Un argomento duro che ha da sempre affascinato ed ispirato la produzione di opere culturali, il cinema la musica.



McMafia, là dove sogni e speranze di infrangono contro la crudeltà umana: immagini crude, sfacciate, che parlano di sofferenza, indecisione, attesa, quell'attesa che porta a compiere atti inauditi di infinita crudeltà. Storie uniche di resistenza e passione, di lotta tra clan e conflitti a fuoco; sangue, omicidi ed ancora sangue, morti ingiuste che nemmeno una medaglia al valore può ripagare.










“Un Fatto Umano” narrato da individui con sembianze zoomorfe, ad esternare comportamenti e sentimenti propri dei personaggi; uomini sicuri che camminano spediti con i loro volti tramutati in pistola, sempre pronti a sferrare il prossimo colpo. Senza pietà si accaniscono sugli ultimi superstiti dell'agguato, non importa se sono parenti o giovani;  utilizzano armi di fortuna quando quelle convenzionali si “incantano”: sangue per l'affermazione di sciocche identità.






Carriere criminali che si svolgono tra strade, case, teatri intrecciandosi con killer russi, Dylan Dog, Al Capone, Diabolik. Una geografia mafiosa che attraversa il paese da nord a sud, nutrendosi di povertà, schiavitù. Ecco quindi nascere una mostra che diviene prezioso contributo alla lettura della realtà tramite racconti originali ma diretti, cimeli di famiglia, unico ricordo di cari assassinati senza pietà.



Tavole che scherzano sull'esistenza della mafia, di come si sia impadronita della Capitale riuscendo a sfiorare gli alti vertici, che raccontano di esattori ed inchini, si arrendevolezza e paura dell'uomo, di omertà da tutelare come privacy mafiosa, irriverenti cronache dello scorrere dei giorni.
La mafia c'è, ma si nasconde tra le beffe delle ombre, nei luoghi inaspettati della quotidianità: devi solo saper guardare. Il male abita tra di noi, prendiamone atto; ma un futuro migliore può esistere.


Ilenia Maria Melis

lunedì 19 ottobre 2015

Tissot: il pittore della Belle Epoque in mostra al Chiostro del Bramant

Il Chiostro del Bramante celebra James Tissot; il pittore della Belle Epoque.
Mademoiselle L. L.

La mostra si apre con l'autoritratto dell'artista che, con lo sguardo sicuro di sé, sembra volerci invitare a conoscere l'alta borghesia del suo tempo che egli tanto amò ritrarre. Visitando le sale del Chiostro, infatti, ci troviamo di fronte a donne elegantissime che sfoggiano abiti e accessori alla moda come Mademoiselle L. L. che, nonostante l'espressione un pò annoiata, é ritratta in un ambiente raffinato e indossa un bellissimo vestito di satin nero e una deliziosa giacca rossa decorata da piccoli pon pon.
Anche un dipinto che sembra mostrare la religiosità delle donne diventa per Tissot un modo per esaltare l'eleganza ottocentesca; Il Confessionale, infatti, mostra una donna che ha appena confessato i suoi peccati, ma lo spettatore non può far altro che essere incantato dall'eleganza del suo bel soprabito di velluto, all'estrema sinistra del dipinto é visibile un modaiolo mantello scozzese che suggerisce l'arrivo di un'altra donna che chiede perdono per i propri peccati. 
Trasferitosi a Londra l'artista non potrà esimersi dal ritrarre costumi e amori dell'Inghilterra vittoriana. In opere quali il Ponte del Calcutta e La figlia del capitano il pittore ci mostra  come le donne ritratte tra rouches, ventagli e cappellini alla moda siano oggetto delle attenzioni, spesso poco nobili, degli uomini che le circondano. 
La figlia del capitano

La dama con l'ombrello
Un'opera molto interessante é anche La Straniera, qui l'artista, oltre alla consueta  eleganza della mise della viaggiatrice che avanza sotto lo sguardo bramoso degli uomini, vuole porre l'attenzione verso la nuova conquista delle donne che girano liberamente il mondo da sole. L'opera più bella é indubbiamente La dama con l'ombrello, la donna, amata dall'artista, é fasciata da uno stretto abito nero ravvivato da un fiore rosso; qui Tissot rivela la sua passione per il Giappone  sia per la presenza dell'ombrellino da sole che per il formato verticale dell'opera.


Tissot omaggia i suoi colleghi con il dipinto Le mogli degli artisti; gli artisti, tra cui si riconosce Rodin, pranzano insieme alle mogli in occasione dell'inaugurazione del Salon parigino. I tavoli apparecchiati in primo piano all'altezza dello spettatore e la donna che si gira per guardarci ci fanno sentire parte di quella festa. A chiudere la mostra é La più bella donna di Parigi; Madame Derline é ritratta al centro del dipinto e, con il suo vestito dall'ampio décolleté, impreziosito da pizzi raffinati, é desiderata dal nugolo di uomini che la circonda. Qui l'artista sembra voler dimostrare che mentre la bellezza é effimera la concupiscenza degli uomini é eterna.
La più bella donna di Parigi

Lungo il percorso della mostra un'istallazione multimediale di Fabien Iliou da agli spettatori l'illusione di trovarsi nel foyer di un teatro a discutere sul tema della bellezza. Sontuosi abiti ottocenteschi attaccati a specchi daranno la possibilità, alle donne e alle bambine che visitano la mostra, di essere protagoniste di un quadro di Tissot.

giovedì 8 ottobre 2015

Raffaello Parmigianino Barocci: metafore dello sguardo

Raffaello, Trasporto di Cristo

Tre giganti dell’arte italiana a confronto fino al 10 gennaio 2016 presso i Musei Capitolini, Palazzo Caffarelli: Raffaello, Parmigianino, Barocci. Sguardi che si incrociano sotto gli occhi stupefatti dei visitatori in una mostra che non vuole essere semplice celebrazione del genio del Sanzio, come sottolinea Marzia Faietti, ma vuole offrire una lettura dell’artista tramite altri due grandi artisti, Parmigianino e Barocci, mettendo a confronto l’eredità artistica interpretata dai due pittori che si erano espressi nella loro produzione grafica copiosamente, sperimentalmente e con forza innovativa. Una mostra in cui i disegni stessi parlano offrendo una sfaccettatura insolita e coinvolgente.



Ma perché abbinare proprio questi due artisti a Raffaello? Sono i tre artisti più prolifici e fecondi sotto il profilo della grafica; comprenderli senza analizzare questo elemento porterebbe ad una sterilità fine a se stessa. Il disegno, infatti, ha un'unità indissolubile con la pittura.
Le testimonianze antiche si intrecciano con il susseguirsi di opere grafiche, scelte seguendo le tecniche e le tipologie artistiche, vittime del genio espressivo che li ha intrappolati: Raffaello Sanzio, la cui anima non trasmigra ai suoi successori, ma è interpretata nello spazio circoscritto dell'opera in un modo del tutto personale.

Raffaello, Autoritratto
L’esposizione inizia con un quadro di forte impatto per lo spettatore: l'autoritratto di Raffaello. Un giovane ci guarda: è proprio lui, in una rappresentazione estetica di sé in cui la grazia viene accentuata per identificarsi quale artista cortigiano; eccellente l'eleganza estetica e la capacità pittorica. Il dipinto nasce da uno schizzo sottostante privo di utilizzo di cartone ed analogo alla tipologia utilizzata in ambito urbinate dall'artista. Questi raramente si trova a riprodurre la propria immagine, ma sempre contestualizzandola: in questo caso, nell’opera si respira il pensiero cortigiano.
Ancora sguardi che incrociano il pubblico e lo attirano a sé come canti di sirene. Ed ecco l’autoritratto di Parmigianino, una penna così leggera che solo i geni possono utilizzare conferendo ugualmente forte intensità all'immagine. È uno sguardo sull'artista completamente differente rispetto a quello di Raffaello. L’immagine risponde al racconto del Vasari che lo descrive adulto barbuto a causa della sua estrema passione per l'alchimia; non solo la propria figura, ma una creazione artistica nata nella propria mente, affermazione intellettuale della propria arte.
Parmigianino, Due teste di profilo
Federico Barocci, Annunciazione

Barocci si raffigura, invece, a mezza età nell'autoritratto proveniente dal Museo del Louvre. Un contatto del tutto personale con la vita dell’artista che si mostra uomo melanconico, in sintonia con la leggenda che lo vuole pittore tormentato a causa della malattia. Le caratteristiche del ritratto sono sempre le stesse, ma vengono interpretate ogni volta rinnovando costantemente la tradizione, plasmandola e nascondendola talvolta per creare qualcosa di nuovo in connessione con lo spettatore.
Le opere esposte dialogano con il modello di Raffaello interpretandolo. A volte il dialogo diventa competitivo; ed ecco lo sforzo drammatico reso dall’intenso movimento dei panni nella Deposizione Borghese. La luce si fonde con i colori creando contrasti attraverso cui filtra il sentimento di dolore per il dramma che si sta compiendo.


Raffaello, Profilo femminile



Ancora volti, figure e paesaggi, in cui i chiaroscuri vivificano i dettagli dei disegni resi con estrema autenticità: luci, ombre e colori che conferiscono carattere espressionistico. Forte l’influenza fiamminga  e, probabilmente, la suggestione leonardesca, nei tre busti femminili che identificano l'arrivo di Raffaello a Roma: un linguaggio nuovo che evoca stilemi antichi con una modernità pazzesca.
Una mostra unica che pone l’accento sulla rivoluzione pittorica che fonda le proprie basi sullo sguardo dello spettatore che contempla l’opera e che spinge l’artista a lavorare immedesimandosi in esso con una modernità che riesce ad anticipare i secoli. Storie di imitazione, assimilazione, emulazione, differenziazione da un genio raccontate dalle opere in un susseguirsi di emozioni che solo i grandi geni sanno donare.

Ilenia Maria Melis


Raffello Parmigianino Barocci
Musei Capitolini
Tutti i giorni 9.30-19.30