martedì 29 settembre 2015

I Tesori della Cina Imperiale in mostra a Roma

Particolare Statuetta del “Re del Cielo”
in ceramica dipinta
Dinastia Tang (618 - 907 d.C)


Fino al 28 febbraio 2016, presso le sale del Refettorio di Palazzo Venezia, risplenderanno gli antichi tesori della Cina Imperiale; oltre 100 capolavori provenienti dal Museo Provinciale di Henan racconteranno il passaggio dalla dinastia Han (206 a.C. – 220 d.C.) fino all'Età dell’Oro della dinastia Tang (581 d.C. – 907 d.C.). Terza di cinque mostre previste dall'accordo con la Cina, dopo “La Cina Arcaica” e “Le leggendarie tombe di Mawangdui”, l’esposizione “Tesori della Cina Imperiale” vuole promuovere lo scambio culturale tra l’imponente stato orientale e l’Italia così da permettere una maggiore e profonda comprensione tra questi due popoli. Lo scambio permanente di spazi museali dedicati alle rispettive culture vuole rappresentare una vetrina costante per promuovere la cultura italiana.




Le opere esposte raccontano lo sviluppo della civiltà cinese, che nasce e si estende nella Pianura Centrale, considerata al tempo il Centro del Mondo dell’impero Han, in un periodo storico politicamente turbolento ma al contempo florido. L’arte diviene specchio del disegno e dell’ambizione imperiale; ne sono un esempio i rinvenimenti archeologici in cui si celebra la vita oltre la morte: statuette in terracotta, porcellane, stele e ritratti funerari ritrovati all'interno delle tombe di funzionari o ufficiali imperiali. Ma ancora complessi modellini di abitazioni, pozzi, mulini, granai e porcili deposti nelle sepolture dell’alta società a simboleggiare una ricchezza ed espansione delle proprietà tale da necessitare di fortificazioni murarie e torri di guardia. Numerose e curiose le miniature di porcili; il maiale era un forte simbolo di ricchezza, tanto da essere consumato solo in occasioni speciali o durante feste religiose.

Veste in giada cucita con filo d’oro Dinastia Han Occidentali (202 a.C. – 25 d.C.)

In mostra anche un prestigioso reperto legato al tema dell’immortalità dell’anima: la veste di giada di Liang Xiaowang, un abito di dimensioni umane realizzato con oltre 2.000 tessere di varia dimensione e differenti spessori cucite con centinaia di metri di filo d’oro, a simboleggiare l’elevata posizione sociale ricoperta dal committente. Si pensava, infatti, che la giada avesse il potere di preservare il corpo del defunto dal decadimento consentendo la sopravvivenza dell’anima.


Torre di avvistamento a quattro piani 
smaltata verde (edificio funerario)
Dinastia Han (202 a.C. - 220 d.C.)

Altra stirpe che segnò ed influenzò fortemente la cultura cinese è la dinastia Tang (581 – 907); le si deve la fine di contese durate secoli ed un’armonia sociale e politica che rimasero sconosciute per lungo tempo. Durante la dinastia Tang ebbe inizio l’età dell’oro in cui la Cina divenne centro culturale dell’Asia Orientale sino a raggiungere il Mediterraneo: attraverso la Via della Seta non viaggiavano solo prestigiose merci, ma anche saperi e credenze religiose. Questa commistione di culture portò in Cina il buddhismo. La ricchezza del periodo è percepibile dagli oggetti in mostra: utensili in oro e argento che richiamano nelle decorazioni motivi propri della cultura occidentale quali piante d’acanto, pampini e fiori. Il fermento commerciale portò anche l’incursione di stranieri nel paese, i cosiddetti “barbari”, che influenzarono la vita quotidiana indigena introducendo nuovi costumi ed usanze esotiche. Ne sono una tangibile testimonianza alcune statuette dell’epoca che rappresentano individui con tratti somatici non orientali, vesti a doppio petto strette in vita ed alti stivali.

Stele scolpita di Gao Hailiang
Dinastia Qi Settentrionali, 
10° anno periodo Tianbao (559 d.C.)




Una mostra che non vuole essere soltanto ordinaria vetrina per reperti antichi ma soprattutto stimolante excursus sui tratti sconosciuti di una cultura, quella cinese, che si affaccia sul Mediterraneo con la sua ricchezza di storie e tradizioni, frutto di uno scenario culturale determinato da intensi scambi con altre civiltà, compreso l'Impero Romano; un piccolo passo verso l’integrazione e la cooperazione culturale.

Ilenia Maria Melis


Tesori della Cina Imperiale

Martedì/domenica 10.00 - 19.00
Chiuso lunedì
La biglietteria chiude alle 18.00
tel. +39 06 6780131
http://www.tesoridellacinaimperiale.it/

mercoledì 9 settembre 2015

Una passeggiata tra storie d'amore e d'amicizia al Cimitero acattolico di Roma


"Dove se n'è andato Elmerche di febbre si lasciò morire?Dov'è Herman     
bruciato in miniera?
Dove sono Bert e Tom,il primo ucciso in una rissae l'altro che uscì già morto di galera?E cosa ne sarà di Charleyche cadde mentre lavoravae dal ponte volò e volò sulla strada?Dormono, dormono sulla collina.Dormono, dormono sulla collina."
Cimitero acattolico
Con questi versi di "Dormono sulla collina" di Fabrizio De Andrè, canzone tratta dall'album Non al denaro, non all'amore nè al cielo, ispirato ad alcune poesie dell'Antologia di Spoon River,inizia la visita guidata al Cimitero acattolico di Roma.
Nel cimitero costruito nel '700 all'ombra della Piramide Cestia, nella zona dei "prati del popolo romano", riposano gli stranieri morti a Roma durante il Gran Tour, gli acattolici e i poeti; gli outsider di Roma che, appartenenti a una scala sociale troppo elevata, non potevano essere sepolti con le prostitute.
Passeggiando tra i vialetti dello splendido giardino del cimitero ci si imbatte in tombe di personaggi più o meno celebri le cui lapidi raccontano storie d'amore e d'amicizia.
Sulla tomba dell'americana Elisa Watsons un bellissimo rilievo mostra la defunta mentre, volgendo per l'ultima volta lo sguardo verso i figli dolenti, viene presa per mano dall'Angelo della morte.
Proseguendo incontriamo la tomba di John Keats che morì a Roma di tubercolosi stringendo tra le mani la corniola regalata dalla sua amata. Sulla lapide, commissionata dall'amico Joseph Severn, compare l'immagine di una lira greca senza corde simbolo del Genio del poeta spezzato prematuramente dalla morte, ma un attore che si avvicina ai visitatori recitando i versi di Perchè ho riso stanotte ci rivela che per Keats "la morte è il più alto premio dell'esistenza" .
Accanto al poeta riposa proprio l'amico Severn che era un pittore come suggerisce l'immagine di una tavolozza sulla lapide.
A partire dell'800 molte tombe iniziarono ad essere ornate da sculture come quella realizzata per la
Monumento funebre a Maria Obolensky
diciassettenne Maria Obolensky che viene rappresentata come allegoria della malinconia persa nei suoi pensieri e nel suo dolore. Anche molti scultori decorarono le tombe delle mogli defunte con opere di grande fascino.
L'americano Richard Greenough, ad esempio, ornò la tomba della consorte con l'immagine di Psiche che si spoglia della mortalità. Franklin Simmons creò invece l'Angelo della Resurrezione per la tomba della sua seconda moglie Ella.


Angelo del dolore
Al contrario, un profondo senso di tristezza e di vuoto trasmette l'Angelo del dolore (l'opera più bella e struggente del cimitero) che lo scultore William Wetmore Story realizzo per la morte della moglie Emelyn.
L'angelo, inginocchiato davanti a un piedistallo, ha la testa appoggiata sul braccio e piange con il volto nascosto mentre la sua mano penzola impotente. Alcuni fiori di pietra sono sparsi alla base del piedistallo come se l'angelo, attanagliato dal dolore, li avesse fatti cadere; anche le ali, che normalmente si ergerebbero alte, sono curve in modo da accentuare il senso di tristezza.
L'ultima tappa di questo laico pellegrinaggio è sulla tomba di Antonio Gramsci dove, in suo onore, viene recitata Odio gli indifferenti.
"Odio gli indifferenti. Credo che vivere voglia dire essere partigiani. Chi vive veramente non può non essere cittadino e partigiano. L'indifferenza è abulia, è parassitismo, è vigliaccheria, non è vita. Perciò odio gli indifferenti"
A salutare i visitatori, all'uscita del cimitero, sono i versi de Il suonatore Jones di De Andrè
"Libertà l'ho vista dormire
nei campi coltivati
a cielo e denaro,
a cielo ed amore,
protetta da un filo spinato."
Nel corso dei secoli molti visitatori hanno descritto emozioni e sensazioni provate al Cimitero acattolico di Roma, tra questi non possiamo che ricordare le parole di Henry James

"Una mescolanza di lacrime e sorrisi, di pietre e di fiori, di cipressi in lutto e di cielo luminoso, che ci dà l'impressione di volgere uno sguardo alla morte dal lato più felice della tomba".