mercoledì 30 novembre 2016

A Palazzo Braschi si celebra Artemisia Gentileschi







Artemisia Gentileschi, l’artista e la donna, è celebrata con una grande mostra al Palazzo Braschi di Roma.

Vissuta nel ‘600, un secolo in cui il mestiere dell’artista era ancora prettamente maschile la Gentileschi,
formatasi nella bottega paterna , riuscì ad eccellere come pittrice, facendo suo il naturalismo caravaggesco.

Roma, Firenze e Napoli sono le più importanti città in cui operò ed in mostra, i dipinti del padre Orazio, di Bartolomeo Manfredi, di Simon Vouet e Giuseppe Ribera, per citarne solo alcuni, testimoniano scambi e influenze tra l’opera della pittrice e dei più importanti artisti del suo tempo.

Violentata dal collega Agostino Tassi , Artemisia trasmette una forte drammaticità compositiva ed espressiva nelle opere raffiguranti le donne; mitologiche, sante, sensuali, vittime o carnefici, esse sono protagoniste indiscusse delle sue tele.

Mentre la Maria Maddalena di Guerrieri è colta in un momento di meditazione la Gentileschi preferisce rappresentare il turbamento della conversione in cui la Santa stupisce per l’intensità dello sguardo.
Nelle due versioni di Cleopatra presenti in mostra l’artista riesce a rappresentare la drammaticità del momento sia attraverso toni cupi sia attraverso tonalità squillanti.

Ma è in Susanna e Giudittà che Artemisia trova i suoi alter ego.
                                

In Susanna e i vecchioni Susanna è la vittima che mostra nel volto l’espressione impaurita al cospetto dei vecchioni infiammati di lussuria, Giuditta invece, più volte rappresentata dall’artista è la carnefice e la vendicatrice; è in particolare nella versione conservata alla Galleria degli UffIzi che la Gentileschi mostra in modo crudo e drammatico l’uccisione di Oloferne da parte delle due donne.

La mostra che apre al pubblico oggi, mercoledì 30 novembre potrà essere visitata fino al 7 maggio. 




mercoledì 16 novembre 2016

Roma a porte aperte: siate i benvenuti!


È in corso in questo mese di novembre l’iniziativa “Palazzi di Roma a porte aperte”, ideata e realizzata dall’organizzazione Turismo Culturale Italiano, che si occupa di promuovere la conoscenza e la fruizione dei luoghi soliti e insoliti del nostro patrimonio artistico. A quest’ultima categoria appartiene il palazzo che ho potuto visitare in questi giorni, una vera chicca, uno di quegli edifici davanti ai quali, o intorno ai quali, vista la mole, si passa davanti senza prestare la giusta attenzione, sto parlando di Palazzo Orsini Taverna, in via di Montegiordano.










Il Palazzo Orsini Taverna nasce nel tredicesimo secolo per ospitare la potente famiglia degli Orsini e la loro corte, e nasce già come grande “insula” o piccolo “feudo”, un’agglomerazione di spazi e funzioni sulla strategica collina nell’ansa del Tevere. Nei secoli eredi e acquirenti si impegnarono per mantenere e aumentare il prestigio del luogo, da qui l’ala barocca, la biblioteca che divenne poi il nucleo iniziale della biblioteca vaticana, le corti interne e i giardini, le cappelle, le varie annessioni.


Un luogo ricco di storia, che intreccia la storia di Roma, da quando nel medioevo gli Orsini si spartivano il controllo della città con il papa e i Colonna, alla storia rinascimentale italiana, quando Beatrice Orsini sposa Lorenzo il Magnifico e il palazzo ospita studiosi e letterati fiorentini, fino all’epoca barocca in cui la famiglia Gabrielli lo rinnovò con lo sfarzo tipico dell’epoca, apprezzato qualche secolo dopo dai missi napoleonici.






Ad oggi il complesso è abitato, è sede di attività commerciali e piccole università, mantiene ancora il fascino dell’enclave urbana, dell’oasi silenziosa e un po’ esclusiva nell’affollato centro storico, non è un caso che Sorrentino abbia scelto il cortile d’ingresso per una delle scene finali de La Grande Bellezza.



Tutte le informazioni sul calendario delle visite e le prenotazioni qui.




Alessandra Florio

domenica 6 novembre 2016

Van Gogh Alive, un'esperienza multisensoriale al Palazzo degli Esami



Trovarsi dentro un dipinto di Vicent Van Gogh; è questa la sensazione che si prova visitando Van Gogh Alive, più che una mostra un'esperienza multisensoriale.

Oltre 3000 immagini raffiguranti le opere realizzate dall'artista olandese tra il 1880 e il 1890 saranno proiettate nei maxi schermi di cui sono rivestite le sale, dal pavimento alle pareti, del Palazzo degli Esami di Roma.

Avremo la possibilità di leggere le lettere più intime, di scrutare i particolari dei dipinti e di vedere da vicino le pennellate guizzanti e nervose; ci troveremo di fronte ai mille volti inquieti e agli occhi malinconici degli autoritratti del pittore.Ci immergeremo nei colori vivaci dei Girasoli e nell'atmosfera tetra del Teschio con sigaretta.
Proveremo l'emozione di essere i protagonisti di Terrazza del caffè la sera e della Notte Stellata e il brivido di trovarci in quel Campo di grano, l'ultimo dipinto realizzato da Van Gogh prima del suicidio, in cui i corvi prendono inaspettatamente vita e volano verso di noi.
Le proiezioni saranno accompagnate ed impreziosite dalle musiche di Vivaldi, Schubert e Bach-

                   

.La mostra sarà aperta fino al 26 marzo.















Anna Carla Angileri