mercoledì 22 aprile 2015

STEVE MCCURRY, OLTRE LO SGUARDO


Occhi che ti scrutano sfumati da tende nere, occhi che parlano della sofferenza del corpo e dell’anima, che sembrano leggerti nel profondo, nascosti dietro sorrisi dolce amari. Così si presenta all'avventore la mostra fotografica ospitata negli spazi del Teatro1 di Cinecittà: Steve McCurry, oltre lo sguardo.



Una successione di 150 immagini che raccontano ciò che è nascosto oltre lo sguardo, tra dolore e paura, spingendosi al di là dello spazio e della luce, in un viaggio che apre le porte ad un universo carico di esperienze ed emozioni. Il silenzio ti avvolge e lascia spazio alle sensazioni che nascono dall'osservazione degli scatti, dall'emozione fissa per sempre in un attimo che scalfisce l’anima.

Operai su una locomotiva a vapore, India, 1983

Immagini rubate, cercate, fortemente desiderate, frutto del caso o della paziente osservazione, della ricerca della luce perfetta, del dettaglio capace di aprire un vaso di Pandora di emozioni. Umanità lontane, gioco di contrasti opposti resi tangibili in uno scatto, come nelle donne con il burqa, dove la severità dell’abbigliamento si scontra con la modernità del banco del mercato in cui fanno acquisti; oppure nelle ragazze del ristorante etiope, in cui realtà contrapposte si incontrano in un fotogramma.


Sharbat Gula, ragazza afgana al campo profughi
di Nasir Bagh vicino a Peshawar, Pakistan, 1984


Uno degli scatti probabilmente più conosciuti, nato dal vociare udito dal fotografo proveniente da una tenda, è il ritratto di Sharbat Gula, la ragazza afgana, pubblicato per la prima volta su National Geographic nel 1984; occhi intensi che parlano delle sofferenze dei giovani profughi. Infanzie spezzate, bambini costretti alla vita degli adulti quando il loro unico desiderio sarebbe giocare spensierati.
Solo osservazione, costanza e meticolosità, frutti dolci della passione per un lavoro che si ama profondamente, portano alla nascita di articolate geometrie e simmetrie dei Pescatori dello Sri Lanka, in cui l’uomo per far fronte al proprio approvvigionamento alza pali resistenti allo tsunami in una spontanea coreografia.





Cammelli e giacimenti di petrolio, Kuwait, 1991



Cronache di disastri naturali, distruzioni causate dall'uomo come le torri dell’11 settembre avvolte della polvere o l’incendio dei pozzi petroliferi durante la Guerra del Golfo in cui dei cammelli fuggono la tragedia che li aspetta sovrastati da una fitta coltre di fumo, illuminati solo dalla luce del fuoco.




Ma Steve McCurry ci offre anche momenti di semplicità e misticità: in Birmania le ultime luci del tramonto illuminano un enorme masso tenuto in bilico, secondo la leggenda, da un unico capello di Buddha. Ancora in Birmania, la morbidezza dei colori dovuta alla pioggia riflette la serenità di alcune monache birmane che si apprestano, con la loro ciotola, ad andare a chiedere l’elemosina incorniciate da uni splendido edificio coloniale che ne riprende il colore tenue delle vesti.

Ritratto di un ragazzo della tribù Suri, Omo Valley, Ethiopia, 2013


Al talentuoso fotografo l’alto merito di proporre, per mezzo di immagini surreali, una finestra per l’umanità su storie struggenti condensate nell'attimo di una scatto.


Ilenia Maria Melis

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